Traduzione o espressione di sé?

Traduzione: il senso che assume questa parola è quello di trasporre nella propria lingua madre un messaggio in lingua straniera e renderlo accessibile alla comprensione di una comunità di parlanti, quella stessa nella quale il messaggio viene trasposto. Definita in questi termini, l’attività di traduzione potrebbe suonare alquanto semplice. Ed è fin troppo semplice, se, dopo averla definita in questi termini, non si tiene conto che il messaggio da trasporre in una lingua diversa da quella di partenza necessita di venire sottoposto a questo processo mantenendo le caratteristiche originarie del messaggio di partenza. In effetti, quanti hanno notato discrepanze notevoli se non addirittura pure invenzioni tra il messaggio originario e quello che poi se ne è fatto? Che dire poi della traduzione letterale: un vero abominio e snaturamento della poliedricità multilinguistica? Film e libri hanno molto da dire in merito e tanti esempi da fornire. In sostanza nel campo della traduzione emergono due atteggiamenti agli antipodi: rimanere il più fedeli possibile al testo/messaggio, oppure riportarne il senso senza andare troppo per il sottile per quel che riguarda la forma. Le due principali direzioni che si contendono le preoccupazioni di ogni traduttore che si rispetti sono proprio queste: fedeltà o originalità? Questo è il dilemma. Ma forse prima di assegnargli questo epiteto andrebbe specificato A COSA fedeltà e/o originalità debbano votarsi. Dopotutto c’è chi in tutto ciò vi vede un dilemma, ma nulla vieta che si possa trattare di qualcos’altro…

Per quel che concerne la fedeltà al messaggio originario, va considerato che essa può essere raggiunta senza sacrificare l’originalità nella forma: beninteso, se il committente non lo specifica in anticipo, e diversamente da alcuni tipi di traduzione che deve venire mantenuta “letterale” per necessità (e quindi in possesso di tutti gli elementi, anche ridondanti), la traduzione deve sempre mantenere lo stesso senso anche se ciò implica un drastico cambiamento della forma nella quale viene trasmesso. Ogni volta che invece il senso originario non viene mantenuto, ciò che si opera sul testo non può venire definita traduzione, bensì invenzione letteraria. Per cui, se la fedeltà del messaggio deve votarsi al senso di quest’ultimo, non si può affermare lo stesso per quel che riguarda la forma, la quale può spesso e volentieri includere tratti di originalità. La creatività, in tali casi non va bandita, anzi va considerata un elemento accessorio del senso originario che non deve mai andare perduto. Un po’ come a dire che prima viene il senso e poi la forma. Quando il senso viene perduto, si perde il senso stesso della traduzione perché l’obiettivo della comunicazione viene diretto ad un altro scopo e ad un altro oggetto. Mantenendo il senso del messaggio, pur stravolgendo la forma, in realtà il traduttore fa un atto di estrema fedeltà; quella al messaggio di partenza. Viceversa, traducendo letteralmente egli non rispetta le regole della propria lingua madre che violenta (e che tra l’altro dimostra di non conoscere in maniera sufficiente) in funzione dell’adeguamento a strutture esotiche e straniere. A tal proposito, un caso a sé è costituito dalla poesia, nella quale la forma è il contenuto e pertanto costituisce la forma di traduzione più complessa da realizzare! Inutile dire che la traduzione poetica sarà oggetto di un post a sé, data la peculiarità.

Alla luce di quanto asserito finora è importante considerare in base a cosa emergono le variabili di originalità e fedeltà. Se infatti la fedeltà va relazionata al messaggio originale, dal quale non si può mai e poi mai prescindere, è anche vero che l’originalità è un elemento altrettanto importante che costituisce l’indizio della presenza del traduttore. In realtà esistono diverse scuole di pensiero; alcune sostengono che il traduttore debba farsi da parte per lasciar parlare il testo e che debba così assumere la funzione di medium dell’attività medianica letteraria. Non a caso è da questa corrente di pensiero piuttosto proficua che derivano attività legate al ghostwriting (letteralmente la scrittura “fantasma”, contrassegnata dall’estrema neutralità con la quale gli eventi vengono narrati e che pertiene per lo più all’ambito del giornalismo e delle opere letterarie). Altri invece sostengono che la completa neutralità di un testo non sia possibile da realizzare, e che i testi siano sempre per forza di cose la conseguenza di un’interpretazione o, ancora meglio, un’espressione di chi li traduce e filtra. Sta di fatto che la traduzione non può mai prescindere da ciò che ne è la fonte/origine, né da ciò che è il mezzo con il quale diffonde il proprio messaggio.

E dunque ritorniamo al quesito che dà il titolo all’articolo in questione: traduzione o espressione di sé? La traduzione non è un gioco, ma un lavoro sul testo e sulla comunicazione. Quest’ultima è il quadro più ampio nel quale il testo si inserisce come una componente, e a sua volta è composta da: contesto, persone, atmosfera, inferenze, significati sottesi e da quelle sfumature che contrassegnano tutto il resto. Quel “resto” in grado di influire sul messaggio e di renderlo più “qualcosa” o meno “qualcosa”. L’espressione di sé è un rischio che può valere la pena correre nel momento in cui il traduttore si mette in gioco facendo il proprio lavoro. Esistono alcuni tipi di traduzioni che richiedono una minima espressione di sé, perché ogni traduzione resta pur sempre una interpretazione in quanto viene filtrata da una persona. Se un “buongiorno” è senza ombra di dubbio un good morning in inglese, è anche vero che è il contesto nel quale esso viene pronunciato a fare la differenza e ad aggiungere le sfumature di un buongiorno stizzito da un caldo buongiorno. In un’opera letteraria è fondamentale specificare il tono in cui un’espressione verbale viene pronunciata e, se nel testo originale non vi sono indizi, saranno il talento e l’esperienza del traduttore a doverli scovare. In sostanza il traduttore deve saper collocare il testo nel contesto d’origine per poter effettivamente tradurre.

In un’opera letteraria è fondamentale specificare il tono in cui esso viene pronunciato e, se nel testo originale non vi sono indizi, saranno il talento e l’esperienza del traduttore a doverli scovare. In sostanza il traduttore deve saper collocare il testo nel contesto d’origine per poter effettivamente tradurre..

Perché la semplice trasposizione, la sola traduzione e la mera espressione di sé prese ognuna singolarmente non funzionano per elaborare linguisticamente un testo. Tutti questi elementi vanno inseriti nel contesto più ampio della comunicazione che deve venire correttamente compresa dal traduttore per ciò che è. Niente di più, niente di meno.

Staff – Parole Vive